“Ancora oggi mi viene la pelle d’oca – scrive Antonino La Vecchia pilota pluricampione CIVM con la 155 DTM che ha avuto la fortuna di guidare – a ricordare quei momenti. Grazie di cuore a tutti voi che vi riconoscete nella foto”.
Presso Monte Erice – Campionato Italiano Velocità Montagna 1998.
Prestazioni da Formula 1: accelerava da 0 a 100 km/h in 2.5 secondi.
VIDEO DTM incredibile con commento Giovanni Di Pillo
TELAIO [2] – MOTORE [3] – Trasmissione/Freni/Elettronica [4] – Prestazioni [5]
Alfa Romeo 155 DTM – Telaio
Il telaio era di tipo tubolare, costituito da una complessa struttura a traliccio di tubi di acciaio, dentro al quale in posizione anteriore era adagiato il motore.
La carrozzeria da regolamento poteva essere modificata mantenendo però le linee originali, fedelmente riprodotte in carbonio, inoltre al di sotto della linea immaginaria che congiunge la metà inferiore delle ruote erano concesse prese d’aria, sfoghi, appendici libere: in base alla larghezza del modello di serie omologato dipendeva la larghezza della vettura da corsa, infatti era consentito allargare le carreggiate di 10 cm, tanto che la 155 di serie venne addirittura modificata per questo fine.
La normativa imponeva un fondo piatto del corpo vettura per limitare l’effetto suolo, che tuttavia poteva raggiungere un valore importante di 800 kg alla massima velocità, questo grazie anche ad un alettone posteriore posizionato sopra il bagagliaio e uno spoiler sul paraurti anteriore a rasoterra.
TELAIO [2] – MOTORE [3] – Trasmissione/Freni/Elettronica [4] – Prestazioni [5]
Alfa Romeo 155 DTM – MOTORE
Il motore V6 Alfa Romeo di 2,5 litri di cilindrata montato in posizione anteriore longitudinale (capo progetto ing. Giuseppe D’Agostino), passò nel corso delle stagioni dai 420 CV del 1993 ai finali 490 CV del 1996, erogati tra gli 11.500 e gli 11.800 giri/min e con un regime massimo di rotazione di 12.000 giri al minuto (limite massimo consentito dal regolamento), la coppia massima arrivò a valore di 32,4 kgm. Il monoblocco e le testate (realizzate dalla Cosworth) erano di sofisticate leghe di alluminio microfuso, 24 valvole a richiamo pneumatico (nella seconda versione), doppia accensione per ogni cilindro e lubrificazione a carter secco.
Il regolamento tecnico prevedeva, oltre che una cilindrata massima di 2.500 cm³, che il motore da competizione dovesse condividere solamente l’angolo tra le bancate e l’interasse dei cilindri con uno dei motori prodotti in serie dallo stesso gruppo automobilistico. Dal 1993 fino alle prime corse della stagione 1996 vennero quindi utilizzati motori V6 a 60º, che riprendevano l’architettura del V6 montato sulle Alfa Romeo stradali.
Queste prime unità arrivarono a sviluppare fino a 470 CV e 31 kgm al massimo dello sviluppo, per un peso di 106 kg. Per recuperare competitività e vincere il campionato, a metà stagione 1996 la 155 venne equipaggiata con un nuovo e più potente motore V6 con angolo tra le bancate dei cilindri di 90º, denominato 690RC. Infatti l’Alfa Romeo, interpretando al meglio il regolamento, poté omologare il nuovo propulsore grazie al motore PRV, caratterizzato appunto dall’angolo di 90° e montato fino a pochi anni prima sulle Lancia Thema, all’epoca prodotte dalla società Alfa-Lancia Industriale SpA.
La nuova unità offriva il vantaggio di una struttura semplificata dell’albero motore, mentre nella precedente versione a V di 60º vi era un perno di biella per ogni cilindro, nel nuovo erano invece affiancate a due a due sul medesimo perno di manovella, l’albero motore risultava quindi più semplice, più corto di 7 cm, leggero e quindi con meno sollecitazioni torsionali. Il nuovo motore raggiunse la potenza massima di 490 CV, il peso scese a 96 kg: queste innovazioni contribuirono ad una serie di 6 vittorie consecutive.
TELAIO [2] – MOTORE [3] – Trasmissione/Freni/Elettronica [4] – Prestazioni [5]
Alfa Romeo 155 DTM – Trasmissione – Freni – Elettronica
La trasmissione era assicurata da un cambio sequenziale a 6 rapporti di tipo semiautomatico elettroidraulico comandato da bilancieri al volante, la trazione era integrale permanente, un differenziale centrale a bloccaggio controllato elettronicamente e due differenziali, anteriore e posteriore, autobloccanti, in base alla conformazione del circuito veniva modificata la ripartizione della coppia motrice al 35-40% sull’avantreno e 65-60% sul retrotreno. Le sospensioni anteriori e posteriori erano a quadrilateri deformabili con puntoni diagonali (in inglese push-rod), il motore fungeva da elemento portante per la sospensione anteriore.
FRENI – L’impianto frenante era dotato di un sofisticato ABS fornito dalla Bosch, i dischi erano di acciaio autoventilanti, le pinze fornite dalla Brembo utilizzavano soluzioni da F1.
ELETTRONICA – La componente più avanzata e allo stesso tempo più costosa era l’elettronica, tanto da costituire metà del valore della vettura che al tempo era valutato in 900 milioni di lire; era dotata di tre centraline elettroniche principali ognuna delle quali specifica per motore, trasmissione e ABS, che dovevano lavorare in perfetta sintonia così da massimizzare le prestazioni.